22.8.16

ISOLE CHERADI: UNA DISCARICA BELLICA DELLA MARINA MILITARE ITALIANA



Cheradi: isola di S. Paolo


 di Gianni Lannes

Dopo il verbo politico anche quello militare: nascondere, occultare, vietare. Ho letto l’altro giorno in un carteggio particolare (incluse le note vergate a mano in rosso nel margine testuale) tra due ammiragli dello stato maggiore della marina tricolore, del diniego alla visita di una scolaresca all’isola di San Paolo, a causa della presenza di rifiuti pericolosi, definiti “speciali” dagli alti ufficiali. Insomma, a quanto pare, questo gioiello della natura nel Mar Jonio è stato trasformato in una discarica fuori dal controllo civile, alla stregua di numerose aree naturalistiche in gran parte d’Italia. Peraltro, la stessa marina militare nostrana, ha occultato anche alle porte di Statte i suoi micidiali scarti.

 

Mentre l’isola di San Pietro è parzialmente accessibile soltanto da qualche anno, l’isola di San Paolo è inaccessibile ai comuni mortali. Con quale diritto le Cheradi sono state trasformate in depositi di rifiuti speciali e zone di guerra? Per la cronaca documentata: nel 1967, è stata proprio la marina militare tricolore a gestire il primo affondamento di scorie nucleari ad alta attività (ben 23 tonnellate).


 Cheradi: isola di S. Paolo

Le Isole Cheradi (in greco antico Choiràdes Χοιράδες, ovvero promontorio o corna), costituiscono un piccolo arcipelago che chiude a sud-ovest la darsena del Mar Grande di Taranto, nell'omonimo golfo.


L'isola di San Paolo è la più piccola delle Cheradi, avendo un'estensione di quasi 6 ettari. L'isolotto di San Pietro ha una superficie di circa 116 ettari, ha una forma triangolare. La costa si estende per 7 chilometri.  

Cheradi: isola di S. Pietro
 
L’area è interessata dalla presenza di petroliere e sommergibili a propulsione ed armamento nucleare della NATO;: eppure l’obbligatorio piano di sicurezza della popolazione è segreto ed al contempo obsoleto. Non è tutto: abbondano anche i siluri inesplosi e naufragati spesso sulle spiagge o giacenti sui fondali, anche a pochi metri di profondità.

Il porto di Taranto ospita inoltre il deposito sotterraneo dell'Aeronautica militare più grande del Sud Italia e ben tre basi navali; dal 2002 è comando dell’alleanza atlantica; inoltre vi è una intensa presenza di sottomarini a propulsione nucleare). A questi fattori di rischio occorre aggiungere una estesa e complessa zona industriale, che comprende anche l'ILVA e la raffineria, quest'ultima alimentata da un impianto di trasporto del greggio attraverso condotte sottomarine e navi cisterna fino a 300.000 T.S.L., nonché la raffineria dell’Eni e l’impianto Cementir.

Il tratto di mare all'interno della rada è caratterizzato da fondale basso con sabbie fini e vaste praterie di Zostera e Posidonia. In particolare in questa zona c'è una massiccia presenza alghe, che offrono rifugio a branchi di avannotti, molluschi e spugne, celenterati, vermi, tunicati, ricci, stelle marine e pesci di svariate specie. Spesso è stata notata la presenza di mammiferi quali il delfino, tanto da far proporre l'area come oasi naturale e parco marino. Il tratto di mare a Sud è più vario, caratterizzato da fondale detritico e roccia nuda, che offre riparo a un gran numero di pesci dalle correnti cariche di nutrienti provenienti dal largo, e da prateria di Posidonia e coralligeno. Presenti attorno alle isole prelibati molluschi quali i tartufi di mare e le cozze pelose, oggi molto vicini alla estinzione. Un tempo esisteva anche l'isoletta di San Nicolicchio, oggi scomparsa a causa dei lavori di ristrutturazione industriale e l'allargamento del porto mercantile. L'isola era chiamata dai pescatori in dialetto u' squegghie (lo scoglio) ed ubicata in prossimità della punta Rondinella. Anticamente i tarantini avevano costruito sull'isola una badia di rito greco, dedicata a San Nicola di Myra.

riferimenti:

http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2014/07/mar-jonio-prove-di-come-lo-stato.html 

http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/search?q=taranto 

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