1.8.12

A MARGHERITA DI SAVOIA:
LA CHIMICA DI STATO
ANNIENTA LA VITA

Saibi, Marherita di Savoia.


di Gianni Lannes

Bentornati nell’antica Salapia, ex territorio naturalistico ed archeologico di interesse internazionale, già area industriale dismessa nel cuore del paese costiero che conta 13 mila residenti. Si scrive Saibi (società azionaria industria bromo italiana), ma si legge Enimont (Ferruzzi-Gardini) e Monopoli di Stato. Il sito a più riprese sequestrato dall’inconcludente Procura della Repubblica di Foggia - risulta ufficialmente inquinato: suolo, sottosuolo e falde acquifere - è stato ceduto il 18 ottobre 2000, per una cifra simbolica (1 milione di lire: assegno banca Carime gruppo Intesa del 13/10/2000 numero BC 9012790892) dall’Enichem Spa al Comune pugliese. L’intento non dichiarato era evitare i risarcimenti danni per le innumerevoli vittime e i danni ambientali arrecati a questo litorale della Puglia settentrionale, dove si produce sale da millenni. Nonostante 8 milioni di euro di finanziamento deliberati dal Cipe il 27 maggio 2005 (n. 35), la bonifica non è stata ancora realizzata, mentre tra le vittime si annoverano soprattutto i bambini, in particolare gli adolescenti. Secondo il sindaco Gabriella Carlucci (onorevole berlusconiana catapultata in loco per volontà suprema) “La bonifica è alle fasi preliminari”. Il governatore Nichi Vendola tace, eppure si professa ecologista. Che poesia. “Tutto a posto”: non c’è nessun responsabile per la giustizia umana. In loco, non è stata mai realizzata un’indagine epidemiologica. Le autorità usano i soliti metodi di insabbiamento: meglio non far sapere nulla all’opinione pubblica. Ora è trapelato che il mare è inquinato: la cima dell’iceberg. L’ultima persona stroncata dalla leucemia aveva appena 15 anni. Il varco all’inferno è spalancato: chiunque ne può approfittare. L’anno scorso una parte dello stabilimento imbottito di amianto è stato demolito. Le macerie sbriciolate sono rimaste abbandonate per mesi ai venti e alle correnti d’aria nel centro urbano. Di chi la responsabilità: Camassambiente o Teorema? Onorevole sindachessa Carlucci, l’asbesto targato Saibi è stato smaltito regolarmente e dove? In attesa di una risposta della prima cittadina,  si avverte l’opinione pubblica che un tuffo in mare qui potrebbe costare l’epatite virale e la gastroenterite. Ecco come è stato ridotto un centro termale.

Cancro fulminante - Dea Defidio due anni fa ha perso la figlia Noemi (17 primavere). La ragazza era stata aggredita da una leucemia. Scrive questa mamma: «La versione della casualità, quando passeggi nei corridoi di quel reparto, con tuo figlio che si trascina dietro l’asta 2,3,4 flaconi appesi perché scenda fino ad entrare in vena, come passando in un cordone ombelicale, la speranza della guarigione; quando passeggi e l’asta di tuo figlio si scontra facilmente con quella di un altro bimbo, perché quel “corso” è così tanto, troppo affollato… ebbene, la versione della casualità non ce la fa più a convincerti… Le notizie, quasi quotidiane di altre giovani morti, di altri bimbi malati di cancro a “noi” fan soffrire di più; fermano per un po’ il passo di un cammino già tanto faticoso; e il giorno, come è accaduto a me la scorsa settimana, in cui nella “sala dolens” del camposanto ne vedi due di madri pazze di dolore, due piccolissimi corpi uccisi dal cancro … E intanto la comitiva si allarga».

Prove schiaccianti - Basta leggere l’atto di compravendita stipulato a Trinitapoli il 18 ottobre 2000 dal notaio Marcello Labianca (registrato a Cerignola il 3 novembre di 12 anni fa, al numero 1643 serie IV) sulla base di ben tre delibere comunali (risalenti agli anni 1996, 1997 e 1999): «La parte acquirente, dichiara di essere edotta dello stato dei luoghi, di assumere a proprio carico gli oneri che si rendessero necessari relativi alla messa in sicurezza, bonifica e/o demolizione delle strutture nonché gli oneri che si rendessero necessari relativi agli interventi di risanamento del sito, nessuno escluso (bonifica con misure di sicurezza, messa in sicurezza permanente, ripristino) qualunque sia il loro ammontare di spesa - inoltre - la parte acquirente rinuncia alla garanzia per vizi e terrà totalmente manlevata ed indenne la parte venditrice da qualsiasi eventuale pretesa, responsabilità ed onere nei confronti di terzi». Il rapporto di prova numero 58, datato 26 gennaio 2001 ed elaborato dal Presidio Multizonale di Prevenzione (Asl FG/3) riscontra in quest’area di 15.106 metri quadrati (di cui 2.974 edificati) un miscuglio di veleni mortali: «piombo, cromo totale, nichel, cadmio, mercurio, rame, ferro, zinco, arsenico». In conclusione è scritto nell’analisi di materiale da escavo: «Prelevato in Margherita di Savoia il 10 gennaio 2001 da personale tecnico del PMP su segnalazione della locale stazione dei Carabinieri in località Cappella nelle vicinanze dello stabilimento ex Saibi - lato Sud. L’analisi chimico fisica del campione ha portato al riconoscimento di composti organici per lo più riferibili alla pregressa attività produttiva dell’adiacente Stabilimento ex Saibi (bromobenzene, dimetil-trisolfuro, 1,4 dibromobenzene, dimetil-tetrasolfuro, 3-(1-metil 2- pirrolidin), piridina, 2- metossi-naftalene, 2- bromo-6-metossi-naftalene, zolfo molecolare). Tali sostanze sono riportate nella letteratura scientifica come “pericolose”». Solo in seguito, ovvero 27 febbraio 2006, i governanti locali,  hanno incaricato il professor Gian Mario Baruchello, di redigere il progetto preliminare di bonifica. La relazione tecnica descrittiva ha evidenziato che «gli inquinanti, presenti in modo generalizzato, sia nel terreno che nei sedimenti e nei liquidi contenuti nelle strutture di produzione e di servizio e, infine nelle acque sotterranee, sono costituiti dai  metalli pesanti, tra i quali, presenti in concentrazione maggiore sono il Mercurio, l’Arsenico, il Piombo e lo Zinco». L’esperto universitario Baruchello specifica che «gli inquinanti si trovano anche nel sottosuolo a 10 metri di profondità». In una nota comunale indirizzata il 24 gennaio 2006 al ministero dell’ambiente, alla Regione Puglia e alla provincia di Foggia per battere cassa, si legge che «Negli strati superficiali del terreno essi sono presenti, su tutta l’area indagata dello stabilimento, in concentrazioni notevolmente superiori alle C.L. previste dal D.M.A. n. 471/99. Seppur ancora in fase di studio e di accertamento, allarmanti appaiono alcuni dati forniti dalla ASL, i quali manifesterebbero una crescente incidenza di patologie tumorali nel centro del basso tavoliere».

Passato oscuro - Mediante l’atto di concentrazione a rogito del notaio Pietro d’Angelo di Roma del 21 luglio 1955 ed atto di compravendita del 3 dicembre 1957,  l’Azienda Tabacchi Italiani Spa conferiva alla Saibi l’azienda industriale comprensiva della parte immobiliare. L’azienda ha prodotto, tra l’altro, bromuro di metile (un insetticida appartenente alla classe degli idrocarburi alogenati) e perfino cloropicrina (gas di uso bellico), alle strette dipendenze del governo israeliano. Sabato 26 febbraio 1983 scoppiano per cause mai precisate, alcuni contenitori di benzolo. “Cronaca di un incidente annunciato” titolava il mensile IL PICCHIO ROSSO. Infatti, da un articolo di Vito Valentino si apprende che «alle ore 20 circa due reattori o contenitori dello stabilimento Saibi esplosero. Scene di panico seguirono alla esplosione, mentre un incendio di grosse proporzioni divampava nello stabilimento. Urla di gente terrorizzata facevano da cornice a un quadro di caos totale generato dalla fuga con ogni mezzo possibile dell’intera popolazione che cercava scampo nei paesi viciniori». Cinque mesi prima, il 27 settembre 1982, l’allora consigliere comunale Antonio Di Lecce con un’interpellanza a risposta scritta ed orale aveva chiamato in causa il sindaco «perché nonostante le numerose richieste dell’ufficiale sanitario di Margherita di Savoia, non abbia provveduto per assolvere i propri compiti di vigilanza sulle industrie che producono esalazioni insalubri e che possono riuscire dannose alla salute degli abitanti, a fare allontanare e, se necessario, a chiudere lo stabilimento SAIBI … per accertare quali prodotti e sostanze chimiche la SAIBI ha messo in produzione e se, comunque, per la produzione di essi abbia ottenuto tutte le regolari autorizzazioni per legge». In soldoni: la Saibi non ha preso neanche una misera multa dalla giustizia italiota. Nel 1987 il senatore Giorgio Nebbia - che aveva curato un dossier - porta il caso in Parlamento. «E’ scandaloso che non abbiano ancora bonificato radicalmente il territorio» sbotta il professor Nebbia. I Monopoli di Stato propongono di delocalizzare la fabbrica a Foce Carmosina, nel cuore della zona umida, protetta, si fa per dire, dalla Convenzione internazionale di Ramsar. Nel 1989 l’assise comunale delibera - con 24 voti favorevoli e 4 contrari - la concessione di una proroga di tre anni all’ordinanza sindacale di chiusura. Nel ’90 la Saibi chiude. Il sito verrà sequestrato di propria iniziativa dal Nucleo Operativo dei Carabinieri di Bari soltanto il 27 gennaio 2001e dissequestrato per ordine del pm Rosa Pensa il primo ottobre 2007. Il verbale di liquidazione della società (notaio Ciro De Vincenzo di Milano) reca la data dell’11 maggio 1992. Con atto di fusione a rogito notaio Gianpaolo Cesati del 10 ottobre 1997 la Saibi srl in liquidazione viene incorporata nella Enichem srl, ed infine (5 ottobre 1998) va ad Enichem Spa. In Italia non vale il principio europeo: chi inquina non paga. L’Eni deve bonificare nove aree, ma offre al governo 2,3 miliardi di euro per passarsela liscia, risparmiando molto di più e cancellare le cause, ma soprattutto sulle conseguenze sanitarie a danno di innumerevoli esseri umani completamente ignari. Ogni anno nel Belpaese si registrano circa 400 mila nuovi casi di tumore. Ogni giorno colpiscono e uccidono un migliaio di persone nel disinteresse generale. E l’andazzo mortale aumenta sempre più, quando ad uccidere i comuni mortali è la chimica di Stato. 










































Nessun commento: