10.5.12

DIAMANTI INFERNALI


di Gianni Lannes

In un piccolo smeraldo brasiliano di due carati si concentra il fabbisogno alimentare annuo di cinque meninos de rua. Il Brasile continua ogni anno a produrre in smeraldi, un valore economico pari a  180 milioni di dollari, eppure conta ogni anno cinquemila bambini uccisi dalla fame e dalla violenza. Le pietre più famose - smeraldo, zaffiro, rubino e diamante - hanno anche il nome di  “gioie”, ma la loro preziosità e bellezza appartiene solo a chi se ne impossessa: chi le vende, chi le compra e chi le riceve in regalo. Chi li estrae non si può permettere di acquistarli.
Colonie a Sud - Gemme e metalli preziosi hanno alla loro origine nell’economia di rapina: una realtà nascosta di dolore, sfruttamento, speculazione, violenza e degrado ambientale. I paesi produttori sono concentrati nell’area terzomondista: Africa, Asia, Sudamerica. L’Europa e il Nordamerica non possiedono un sottosuolo così ricco. Nonostante siano quelli che producono meno gemme, nordamericani ed europei, insieme ai giapponesi, sono quelli che ne consumano e commerciano di più. Se la geologia della Terra ha privilegiato il Sud del pianeta creando un deposito bancario naturale nel suo sottosuolo, l’economia colonialistica lo ha invece condannato alla povertà e al debito pubblico. E’ un circolo vizioso che impoverisce sempre più i Paesi dalla pelle scura, a beneficio del crasso occidente. L’economia dei Paesi impoveriti non è mai cresciuta grazie alla scoperta di giacimenti e all’attività estrattiva dei preziosi. Solo in rarissimi casi, come in Sri Lanka e Indocina, le miniere sono diventate statali. Generalmente sono in mano a privati che si arricchiscono a man bassa, lasciando briciole ai poteri locali. La ricchezza dei giacimenti rimane di natura effimera: dura quanto può durare il filone e il giorno in cui la vena si esaurisce i minatori perdono il lavoro, il suolo rimane scarnificato e i centri abitati si atrofizzano come è successo a Potosì in Bolivia e Ouro Puerto in Brasile, le due città che hanno dato in assoluto più argento e oro all’Europa e ora sono tra le più povere (in termini materiali) del mondo. Intere popolazioni indios, schiavi negri, indigeni africani, paria indiani, sono morti per malattie e incidenti mentre vi lavoravano.
Carne da macello - Se la miniera non è più un inferno, è pur sempre un purgatorio dove l’imprevisto diviene fatale: esplosioni associate a fughe di gas, al crollo improvviso di canali sotterranei, esposizione, inalazione o contatto con sostanze tossiche presenti nel sottosuolo. I rischi umani continuano ad essere elevatissimi anche dove ci sono i giacimenti tecnologicamente più avanzati. Attualmente i contratti migliori, assai rari, prevedono otto ore di lavoro quotidiano in profondità - dai 10 ai 130 metri - ed un giorno al mese di lavoro in superficie. In Sudafrica, nonostante l’avvento di Nelson Mandela, il normale contratto di lavoro per un operaio indigeno copre solo un anno, dopodiché viene licenziato e riassunto in nero. Ed è già un passo avanti se si pensa che soltanto qualche decennio fa nella miniera di Premier vicino a Johannesburg, l’estrazione era praticata dall’etnia Zulù che raccoglieva i diamanti strisciando carponi. Prospezioni, carotaggi, creazione dei tunnel di cavo sono guidati da una tecnologia tedesca, che però, non ha fatto molti progressi per la sicurezza di chi fatica sottoterra. Nei giacimenti del Sudamerica si lavora senza contratto e senza soluzione di continuità finché le forze lo consentono, perché l’operaio riceve una percentuale in base al materiale che riesce a trovare. Coloro che lavorano all’estrazione nei giacimenti a cielo aperto, sono immersi in pozze d’acqua fino alla vita, piegati sotto il sole umido del Sudest asiatico o secco dell’Africa. Chi setaccia questo materiale frantumato per eliminare tutto ciò che non è pietra grezza sta poggiato sulle ginocchia in una buca tutto il giorno per una manciata di dollari al mese. A Santa Teresinha, in Brasile, sopravvivono circa 15 mila persone a ridosso di 200 filoni di smeraldo, sotto il costante pericolo di crolli e smottamenti provocati dalle esplosioni con cui viene aperta la strada nella Cima Rica.
Filoni diamantiferi - Numerosi giacimenti di smeraldi sono presenti in Brasile, nella Colombia, in Zambia, Zimbabwe, Pakistan. Zaffiri e rubini, appartenenti alla stessa famiglia dei corindoni, provengono dalla Birmania, che detiene il primato delle gemme più grandi e di colore più intenso, e da Sri Lanka, Thailandia, Indocina, Tanzania; mentre diamanti si trovano, oltre che in Sudafrica, in Kenya, Brasile, India, Russia e, in giacimenti scoperti recentemente vicino al Polo Nord. L’Australia possiede Argyle, la più grande miniera del pianeta. L’Angola, invece, accoglie depositi alluvionali con pietre di altissima qualità.

L’isola dei rubini - Sri Lanka è un’isola di gemme. La regione meridionale di Ratnapura offre corindoni, quarzi, giade e diamanti. I cingalesi trovano le pietre nei loro campi, nei fiumi, perfino per strada dopo un temporale. L’acqua pluviale, infatti, scioglie il calcare che imprigiona le pietre in strati superficiali di detriti. Le gemme cingalesi sonnecchiano nel minerale di riporto, che gli agenti atmosferici staccano dalla roccia, trascinato a valle dai corsi d’acqua. I giacimenti sono tutti depositi detritici alluvionali sfruttati tuttora secondo l’antica tecnica di pozzi e trincee. Gli scavi attivi sono facilmente individuabili nel paesaggio: una serie di colline ai piedi delle catene montuose meridionali con al centro grandi buche dove i minatori più poveri sgretolano i detriti con le pale, mentre i più fortunati con le pompe d’acqua. Al termine della giornata passa il capo zona a perquisire i lavoranti e a requisire le quantità di minerale apprezzabile trovato, in base alla quale viene data una percentuale di compenso. La giornata lavorativa è così lunga che gli operai sono costretti a vivere vicino ai giacimenti in baracche prive di condizioni igieniche e di sicurezza. La gemma è diventata negli ultimi anni una voce d’esportazione rilevante al pari del the e del caucciù, prime risorse del paese. Intorno ad essa si è creato un ampio indotto lavorativo ed un’industria statale trainante: lo State Gem Corporation. Tanto che il governo ha deciso nel 1990 di rendersi più indipendente dal controllo del monopolio tailandese e lavorare in proprio il grezzo, costruendo fornaci e taglierie. In questo modo lo Sri Lanka è in grado di commercializzare direttamente il suo prodotto o anche venderlo semilavorato a Bangkok. Ma l’impresa si muove a rilento a causa delle lotte etniche tra cingalesi e tamil.
Filiera monopolizzata - L’estrazione è solo la prima fase nel cammino delle gemme: una serie di tappe obbligate, stabilite dai trust mondiali che monopolizzano il mercato. Per il diamante la compagnia sudafricana De Beers - fondata da sir Cecil Rhodes alla fine dell’800 - ha fondato un cartello, il CSO (Central Selling Organisation), che ne controlla tutte le fasi di mercato, mentre per le pietre di colore (smeraldi, rubini, zaffiri) è la Thailandia a fare la parte del leone, ma solo nominalmente come entità geografica. La pietra estratta viene selezionata già in forma grezza e poi tagliata e lucidata. Il grezzo di diamante di tutto il mondo va a finire alla De Beers di Londra che lo seleziona e lo rimanda alle taglierie computerizzate di Kimberley e Tel Aviv. Il grezzo delle pietre di colore confluisce tutto a Bangkok. Una volta selezionato, va a finire in larga parte nelle mani degli indiani di Bombay, abili nel taglio di grandi quantità di pietre piccole. I tagli di migliore fattura e grandezza vengono operati nelle taglierie tedesche ad alta precisione di Ida Rubestein, nel Palatinato, o al GIA (Gemmological Institute of America) di New York. Attualmente Israele sta risucchiando tutti i flussi di grezzo. Ha infatti investito milionate di dollari per automatizzare un processo che in tutto il mondo dipende dal lavoro manuale. Tagliate e lucidate, le pietre passano sotto il microscopio dei gemmologi che ne certificano scientificamente le caratteristiche per poi procedere alla valutazione di mercato. Ora sono pronte per essere vendute a non più di una decina di grandi grossisti di primo livello. I centri di compravendita sono Anversa e Tel Aviv per il diamante e Bangkok per il colore. Qui, in supercorazzati edifici formicolanti di brokers, passa tutta la brillantezza della Terra. Tutto il movimento finanziario viene controllato dalla Borsa preziosi che non riesce però a quantificare e registrare il crescente volume di traffico illegale, causa di continui crolli dei prezzi di mercato. Quasi tutti i paesi produttori, proprio perché fortemente condizionati dai cartelli, hanno sviluppato un export e un traffico parallelo. La Colombia e il Brasile sono le padrone del contrabbando. Ecominas, la società che supervisiona l’attività mineraria in Colombia, ha stimato che il 60 per cento degli smeraldi prodotti dal paese viene esportato illegalmente negli Usa. In Angola il contrabbando di milioni di carati di diamanti è il modo con cui i ribelli dell’Unita riescono a foraggiarsi di armi per la lotta contro i governativi. Ed in Zimbabwe il traffico illegale è l’unico stratagemma per ricavare sostanziali guadagni da una produzione altrimenti taglieggiata dai signori della luce. Il prezzo di una diseguaglianza globalizzata: i paesi dove la materia prima abbonda sono anche i più poveri della Terra.

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